Solofra – “Benvenuti a bordo di Macadamia Nut Brittle. Inutile allacciarsi le cinture. Le turbolenze drammaturgiche, visive e uditive promettono una salita in quota dove può mancarti il respiro, tant’è la sospensione dell’ossigeno” scrive il critico Roberto Rinaldi dopo aver assistito allo spettacolo che sarà replicato a Solofra domani sabato 19 settembre alle 21, presso il Centro Auditorium Asi, nell’ambito di L U S T R ITEATRO di Hypokritès Studio Teatro. Dopo il successo di “West”, messo in scena da Fanny & Alexander, “Macadamia Nut Brittle” è la seconda proposta della sezione teatro curata da Enzo Marangelo, che è anche il direttore artistico di L U S T R ITEATRO. Dall’incontro tra l’immaginario di Dennis Cooper, uno degli scrittori più provocatori e controversi del panorama letterario statunitense contemporaneo, e Ricci-Forte, al secolo Stefano Ricci e Gianni Forte, definiti i due enfant prodige della nuova scena drammaturgica italiana, nasce, “Macadamia Nut Brittle”, che è diventato un cult e sta girando il mondo facendo registrare sempre file al botteghino. L’attesa notturna di quattro divoratori di gelato Haagen Dasz (il Macadamia Nut Brittle del titolo) è un evento consigliato ad un pubblico adulto. Non sappiamo quale sia la verità… l’importante è che l’ambiguità sia chiara. Per questo, nell’epoca delle passioni precotte, dei sentimenti in doppiopetto di grisaglia ci siamo saziati alla tavola di Dennis Cooper, alla scabra poesia di cui è imbandito il suo universo letterario. Abbiamo tentato di raccontare, con mozartiana impudenza, una fiaba crudele sull’adolescenza. Scardinare le porte della cosiddetta normalità sessuale, suonare la grancassa del mondo dei foreveryoung, spargendo sale sulle ferite di una realtà brutalmente viva è stato quasi automatico mentre sfilavano sotto gli occhi i temi ossessivi di Cooper. Le mutilazioni, le punizioni corporali, il sesso reiterato fino all’estinzione nascondono una pericolosa in quanto “pura” tendenza al gioco: un gioco infantile, uno svago che abbiamo dimenticato uscendo dalle mura domestiche. Il tempo che passa, il richiamo forzato ad una maturità catalogante lasciano intravedere la sagoma sfocata di un bambino che chiede aiuto. Ed è quello che abbiamo fatto. Siamo scattati alla richiesta di soccorso gettando un salvagente in un oceano: putrido come un reality show, duro e ghiaccio come i giorni da ex illusi cresciuti. Lo sguardo lisergico di Cooper si è intrecciato così con il nostro, nutrito dello stesso disagio, delle stesse mancanze, di identiche perdite. L’attesa notturna di quattro divoratori di gelato Haagen Dasz (il Macadamia Nut Brittle del titolo), in un reparto ospedaliero, su un aereo o in una casa dei giochi sull’albero, si materializza in un tamagotchi onirico, in cui si fanno i conti con un processo identitario che, se da una parte lascia liberi, dall’altra sviluppa un senso di estraniamento da un pianeta che ci scivola via sotto i piedi. Nella fluttuazione emotiva, privi di cintura di sicurezza, scendiamo in picchiata verso un libertinaggio imprevedibile che possa riappropriarci di un gusto, di un peso. La rumba degli strappi è iniziata; le lacerazioni segnano le figure trasformando in un incubo ad occhi aperti il sogno romantico della famiglia felice da Mulino Bianco. Vittime, carnefici, protagonisti di questo snuff movie che la vita offre siamo noi, alla disperata ricerca di amore in un mondo impossibile: perché alla fine anche la Natura, come gli uomini, è troia e infedele. Sempre.
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